martedì 31 dicembre 2019

“Buon vento e mare calmo!”

"Quando la professione ti porta ad altre mete..." 

Camorino, dicembre 2019 – Mi ritrovo, oggi a fine del 2019, a scrivere un mio pensiero da condividere in questo “nostro spazio social” dopo gli ultimi giorni “in corsa” di lavoro alla Labor prima delle vacanze natalizie.  Ora, prendendomi il tempo giusto, quello del riposo e della riflessione, ho rivisto e riletto ogni vostro pensiero a partire da quelli del “mio team TRI”, degli altri team (e che dire del videomessaggio!) fino verso l’alto della Direzione. Non nascondo che mi sono lasciato prendere dall’emozione e dalla commozione e “con un occhio che piange e l’altro che ride” ho visto passare questi quasi sette anni di vita e di lavoro alla Labor Transfer.

Sono giunto alla Labor “in punta di piedi” (così mi diceva il mio TL nel maggio del 2013), che è sempre stato quel mio modo di agire, di ascoltare, capire e apprendere prima ancora di portare il mio punto di vista, le mie riflessioni e contenuti sia professionali che personali.

È stato per me, confrontato con un altro tipo di esperienza che mi ha provato duramente, un ripartire e un risalire capendo da subito dello spessore e della professionalità cui potevo contare nella quotidianità. Quel confronto professionale e umano che ci fa crescere reciprocamente in questo settore assai delicato di “sostegno” alle persone in transizione di carriera. Solo per questo dovrei già ringraziare molti di voi!

Certo, ci sono stati anche confronti critici, momenti di delusione, di qualche “boccone amaro” ma ogni volta, se penso agli ultimi tre anni di conduzione del Team TRI, mi è bastato incrociare i vostri volti, ascoltare i vostri bisogni e sapere di poter sempre contare “sulla squadra” in primis e sull’ascolto della Direzione. Ho sempre pensato che, quando si guida un gruppo, ogni tanto bisogna fermarsi, fare un passo indietro se necessario e aspettare che tutti ti raggiungano. Quel far sentire tutti partecipi con le proprie forze e con le proprie risorse.

Se penso da un punto di vista di “Chronos”, sono stati anni che mi hanno fatto vivere il cambiamento (interno ed esterno), di molti colleghi/e che hanno lasciato e di altri che sono arrivati, di progetti e di necessità di “pensare all’innovazione” nel settore formativo per essere sempre con quel passo avanti, di anticipare il mercato del lavoro e le esigenze dei committenti.

Sono stati anni di scommesse di contenuti, di passione nell’erogare formazione e di momenti conviviali trascorsi insieme. Momenti informali che ci hanno permesso di trascorre del tempo insieme e poter ridere di cuore su episodi, aneddoti d’aula e di gaffe fatte. Un tempo giusto che è di spessore, di opportunità di relazionarsi e di consolidare l’appartenenza ad un team e ad un’azienda. Quel tempo, appunto, del “Kairòs”.

Ed è proprio quel tempo che oggi mi porta a cogliere un’opportunità e un cambiamento che non è preso a cuor leggero, soprattutto perché lascio sapendo di aver svolto fino in fondo il mio compito con rispetto e professionalità con altri professionisti, perché in fondo siamo “persone normali che fanno cose speciali”.

"Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare" (Seneca)

Salpo dal porto sicuro della Labor e, parafrasando Seneca sul suo “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”, mi ritrovo invece a scrutare l’orizzonte per navigare verso altre mete nel “mondo formativo” con spirito pieno di curiosità per cogliere altre sfide.

In questo viaggio, sono sicuro che le nostre rotte si incroceranno e, come qualcuno di voi ha scritto, certamente nel “Kairòs” che è quel tempo fatto di spessore e di valore.

Con questo mio pensiero, ringrazio ognuno di voi e come dicono i marinai “buon vento e mare calmo” per continuare questo nostro viaggio professionale e personale.

Grazie colleghe/i del Team TRI, grazie Labor, arrivederci!

Paolo Vendola
Team Leader TRI – Labor Transfer, Camorino

venerdì 26 aprile 2019

Manuela, il team e il dilemma del porcospino.

Gestire un team nel cambiamento.

Umbria, aprile 2019 – Sono a scrivere oggi, da qualche parte in Umbria vicino al Lago Trasimeno e dopo che un piccolo branco di cinghiali (composto da 4 adulti di cui due „bestioni“ in avanscoperta , e poi una dozzina di piccoli a seguire) ci ha attraversato la strada al rientro nella nostra struttura situata su un colle, in piena campagna. Anche qui, potente esempio di come anche un Team deve passare dal curare e prendersi cura di uno dell‘altro, perché se si è in squadra, si va’ nella stessa direzione, si vince!

Fuori dal tran tran quotidiano, e in fase riflessiva mi permetto di soffermarmi sulla partenza di una già collega e poi collaboratrice del team TRI: Manuela.
Ho conosciuto Manuela, quando faceva parte del Team 1 del TRIS, ed io entravo, nel 2013, a far parte del Team 2, due team distinti ma che poi svolgevano lo stesso lavoro di supporto a quelle centinaia di persone che, in una loro fase di transizione di carriera, cercavano „sostegno“ (ricordate la lettera „S“ di TRIS?) al loro ricollocamento nel mondo del lavoro. Poi ci siamo ritrovati in un unico team a portare avanti lo stesso progetto, per circa un anno, e poi nella sua nuova veste operativa a partire dal 2016 fino a quando mi sono ritrovato a gestire un team composto da 11 persone, tra cui Manuela.

Qui mi soffermo per ricordare il sorriso di Manuela, il suo stare nel team e per il team, a condividere i suoi stati d‘animo, ma anche una grande professionalità. Quando c‘era da „tirare il carretto“ (ricordo le fasi concitate di chiusura del bando nell‘aprile 2018) non si è tirata indietro a rimettere mani nella documentazione, nei piani lezione e supportarmi nel controllo generale prima di consegnare il tutto alla Direzione per l’imbastitura finale. Un crescere all‘interno di un team fatto anche di confronti „poco ortodossi“ o momenti di stress che generano tensione anche verso altri colleghi della nostra azienda, ma sempre nel rispetto dei ruoli, nel riconoscere i passi falsi e con un tornare al principio di una costruttiva relazione tra pari. Il suo sguardo attento verso i colleghi del team mi ha permesso anche di riprendere le misure e l’ascolto delle difficoltà del singolo quando mi sentivo e/o ero immerso nell’operatività e non trovavo spazio o il tempo per sentire gli stati d’animo all’interno del team. Sapere che c‘è chi può contribuire a „sentire la temperatura“ all‘interno di un gruppo lo ritengo valore importante per far crescere un team che divide una grande parte del proprio tempo sul posto di lavoro.
Qui mi giunge una seconda considerazione scaturita, dopo che ci si è ritrovati per una cena di saluto (sempre a Manuela), alla conclusione del primo trimestre di quest’anno che porta un po’ tutti a misurarsi in una nuova realtà di operatività congiunta in spazi a volte al limite della sopravvivenza tra „due“ team. Una cena, un momento conviviale in seno alla „mia“ squadra (due posti vuoti segnalano chi purtroppo per questo giro non ha potuto parteciparvi) che ha permesso dopo tre mesi di stemperare stati d‘animo, tensioni e di stare semplicemente insieme e ridere di cuore su episodi, aneddoti d‘aula e di gaffe fatte.

Ho osservato come in questo contesto, dopo tre mesi di lavoro a coppie nei corsi TRI alternandosi negli ADoC, chi si è aggiunto nel team proveniente da due altri progetti Labor si sia sentito accolto e parte della squadra: una sorta di team building „informale“ ma che ha permesso di amalgamare diverse persone. Un primo passo per unire!
Come in molte aziende, oggi si festeggia per un nuovo arrivo e poi si brinda per un’altra uscita. Una prassi che si ripete e che porta ogni volta a ri-misurare le convivenze e le relazioni nel suo interno, le tempeste che si generano alla ricerca di un nuovo equilibrio, scompensato da un’uscita.
Come persone, con diverse funzioni e ruoli, vedo poi applicato in pieno l‘effetto del „dilemma del porcospino di Schopenhauer“. Fino a che punto bisogna o si riesce ad avvicinarsi (lo spazio e le esigenze aziendali lo richiedono), per sentirsi a proprio agio e per garantire operatività, lo „stare insieme“ e seguire obiettivi di squadra o generali? Ragionando su questo concetto della prossimità limite, vi sarà sempre un‘autoregolazione delle distanze-vicinanze tra persone, alla continua ricerca di un equilibrio per gestire momenti comuni (progetti inter-team d‘area per esempio) e di sano distacco, perché ognuno deve raggiungere i propri obiettivi operativi e di progetto, proseguendo su quella rotta disegnata dalla Direzione e che ci vede tutti partecipi come unico equipaggio.

Paolo Vendola
Team Leader TRI