venerdì 26 aprile 2019

Manuela, il team e il dilemma del porcospino.

Gestire un team nel cambiamento.

Umbria, aprile 2019 – Sono a scrivere oggi, da qualche parte in Umbria vicino al Lago Trasimeno e dopo che un piccolo branco di cinghiali (composto da 4 adulti di cui due „bestioni“ in avanscoperta , e poi una dozzina di piccoli a seguire) ci ha attraversato la strada al rientro nella nostra struttura situata su un colle, in piena campagna. Anche qui, potente esempio di come anche un Team deve passare dal curare e prendersi cura di uno dell‘altro, perché se si è in squadra, si va’ nella stessa direzione, si vince!

Fuori dal tran tran quotidiano, e in fase riflessiva mi permetto di soffermarmi sulla partenza di una già collega e poi collaboratrice del team TRI: Manuela.
Ho conosciuto Manuela, quando faceva parte del Team 1 del TRIS, ed io entravo, nel 2013, a far parte del Team 2, due team distinti ma che poi svolgevano lo stesso lavoro di supporto a quelle centinaia di persone che, in una loro fase di transizione di carriera, cercavano „sostegno“ (ricordate la lettera „S“ di TRIS?) al loro ricollocamento nel mondo del lavoro. Poi ci siamo ritrovati in un unico team a portare avanti lo stesso progetto, per circa un anno, e poi nella sua nuova veste operativa a partire dal 2016 fino a quando mi sono ritrovato a gestire un team composto da 11 persone, tra cui Manuela.

Qui mi soffermo per ricordare il sorriso di Manuela, il suo stare nel team e per il team, a condividere i suoi stati d‘animo, ma anche una grande professionalità. Quando c‘era da „tirare il carretto“ (ricordo le fasi concitate di chiusura del bando nell‘aprile 2018) non si è tirata indietro a rimettere mani nella documentazione, nei piani lezione e supportarmi nel controllo generale prima di consegnare il tutto alla Direzione per l’imbastitura finale. Un crescere all‘interno di un team fatto anche di confronti „poco ortodossi“ o momenti di stress che generano tensione anche verso altri colleghi della nostra azienda, ma sempre nel rispetto dei ruoli, nel riconoscere i passi falsi e con un tornare al principio di una costruttiva relazione tra pari. Il suo sguardo attento verso i colleghi del team mi ha permesso anche di riprendere le misure e l’ascolto delle difficoltà del singolo quando mi sentivo e/o ero immerso nell’operatività e non trovavo spazio o il tempo per sentire gli stati d’animo all’interno del team. Sapere che c‘è chi può contribuire a „sentire la temperatura“ all‘interno di un gruppo lo ritengo valore importante per far crescere un team che divide una grande parte del proprio tempo sul posto di lavoro.
Qui mi giunge una seconda considerazione scaturita, dopo che ci si è ritrovati per una cena di saluto (sempre a Manuela), alla conclusione del primo trimestre di quest’anno che porta un po’ tutti a misurarsi in una nuova realtà di operatività congiunta in spazi a volte al limite della sopravvivenza tra „due“ team. Una cena, un momento conviviale in seno alla „mia“ squadra (due posti vuoti segnalano chi purtroppo per questo giro non ha potuto parteciparvi) che ha permesso dopo tre mesi di stemperare stati d‘animo, tensioni e di stare semplicemente insieme e ridere di cuore su episodi, aneddoti d‘aula e di gaffe fatte.

Ho osservato come in questo contesto, dopo tre mesi di lavoro a coppie nei corsi TRI alternandosi negli ADoC, chi si è aggiunto nel team proveniente da due altri progetti Labor si sia sentito accolto e parte della squadra: una sorta di team building „informale“ ma che ha permesso di amalgamare diverse persone. Un primo passo per unire!
Come in molte aziende, oggi si festeggia per un nuovo arrivo e poi si brinda per un’altra uscita. Una prassi che si ripete e che porta ogni volta a ri-misurare le convivenze e le relazioni nel suo interno, le tempeste che si generano alla ricerca di un nuovo equilibrio, scompensato da un’uscita.
Come persone, con diverse funzioni e ruoli, vedo poi applicato in pieno l‘effetto del „dilemma del porcospino di Schopenhauer“. Fino a che punto bisogna o si riesce ad avvicinarsi (lo spazio e le esigenze aziendali lo richiedono), per sentirsi a proprio agio e per garantire operatività, lo „stare insieme“ e seguire obiettivi di squadra o generali? Ragionando su questo concetto della prossimità limite, vi sarà sempre un‘autoregolazione delle distanze-vicinanze tra persone, alla continua ricerca di un equilibrio per gestire momenti comuni (progetti inter-team d‘area per esempio) e di sano distacco, perché ognuno deve raggiungere i propri obiettivi operativi e di progetto, proseguendo su quella rotta disegnata dalla Direzione e che ci vede tutti partecipi come unico equipaggio.

Paolo Vendola
Team Leader TRI